Qualche anno fa il filosofo Zygmunt Baumann affermava, in un’intervista che “che ogni nuova tecnologia che si affaccia all’orizzonte determina un guadagno e una perdita. Si perde qualcosa e si guadagna qualcosa. Dobbiamo semplicemente capire se in queste attuali tecnologie il guadagno giustifica le perdite”[1].

In tempo di Covid, anche il mondo delle professioni, al pari di quello dell’imprenditoria, sta avvertendo il bisogno di significative innovazioni dopo decenni di marmorea staticità.

In molti stanno cercando di fare propri nuovi strumenti tecnologici per rispondere in modo appropriato ed immediato alle sfide che il mondo oggi impone: ad esempio, per ovviare all’impossibilità di riunioni in presenza, è aumentato esponenzialmente l’utilizzo di Skype, Microsoft Teams e Zoom, sino a qualche mese fa strumenti sconosciuti ai più.

In particolare, la piattaforma Zoom, a far data dall’inizio del lockdown, ha avuto un incremento del traffico pari al 3000%, tanto che, nello stesso periodo, il valore delle sue azioni a Wall Street, è salito del 200%[2].

Sembra tramontare il modello tradizionale del lavoratore (dipendente, professionista o imprenditore che sia), in una civiltà della tecnica, in cui una delle qualità resilienti potrebbe essere rappresentata dal saper coniugare la tradizione con una profonda innovazione.

In Italia, esistono già strumenti concreti per avvalersi lavorativamente delle nuove tecnologie, strumenti dotati di specifiche discipline normative.

Uno di questi è la firma digitale, mezzo tecnico che permette di firmare, digitalmente appunto, i files in formato PDF.

La “firma digitale”, che non va confusa con la semplice “firma elettronica” [3], è disciplinata dal Codice dell’Amministrazione Digitale, il cui articolo 24) dispone che essa deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o all’insieme di documenti cui è apposta o associata” ed altresì che la firma “integra e sostituisce l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere ad ogni fine previsto dalla normativa vigente”.

In estrema sintesi, la firma digitale è una firma autografa a tutti gli effetti, tanto che; ai sensi dell’art. 20 comma 1) bis del Codice dell’Amministrazione Digitale, “il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile[4] quando vi è apposta una firma digitale (…) con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore”.

Alla luce di quanto sopra, la firma digitale può quindi essere considerata l’equivalente informatico della tradizionale firma autografa, cioè della sottoscrizione vergata a mano.

La firma digitale può essere utilizzata, ad esempio, per sottoscrivere contratti, atti giudiziari, bilanci e atti societari, fatture elettroniche, riconoscimenti di debiti o promesse di pagamento, atti unilaterali quali disdette o recessi, raccomandate da inviare a mezzo pec, verbali assembleari ed ogni atto che non necessiti dei crismi dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.

In concreto, per dotarsi di firma digitale, occorre munirsi di una casella di posta elettronica certificata e richiedere il kit di firma digitale (solitamente una chiavetta USB o una smartcard munita di lettore) ad uno dei certificatori autorizzati dal Governo (quali, ad esempio, Aruba, Poste italiane, Camera di Commercio ecc…): il servizio ha una durata massima di 3 anni ed il costo, davvero accessibile a tutti, varia a seconda del certificatore.

Una volta in possesso del kit per la firma, la procedura è molto semplice: si dà esecuzione al software, cliccando sulla relativa icona, si seguono le istruzioni, si seleziona il documento da firmare e, dopo aver inserito il PIN, si perfezionerà il processo di firma del file, con il salvataggio in una cartella del pc.

Il procedimento sarà completato con successo, se al documento verrà aggiunta l’ulteriore estensione .p7m, che contraddistingue un file contenente una firma digitale.

Al pari della firma digitale di cui sopra, si sta diffondendo il concetto di Identità Digitale, a cui è stato data forma attraverso la creazione del cosiddetto SPID[5], cioè Sistema Pubblico di Identità Digitale.

Trattasi di un progetto che vorrebbe garantire a tutti i cittadini e alle imprese un accesso unico, sicuro e protetto ai servizi digitali della Pubblica Amministrazione e dei soggetti aderenti (ad es. INPS, INAIL, Equitalia, Regioni ecc…).

Tramite SPID, i cittadini e le imprese possono dotarsi di un’unica Identità Digitale (username e password) utilizzabile da personal computer, tablet e smartphone. Tale identità viene rilasciata da gestori (cosiddetti Identity Provider), imprese accreditate (quali, ad esempio, Aruba, Namiral, Register, Poste ecc…), che forniscono le identità digitali e certificano l’autenticazione e l’identità del fruitore del servizio.

Ad oggi, l’identità digitale tramite SPID, nei livelli 1) e 2) cioè nelle forme più semplificate, è gratuita, in modo che il servizio possa essere utilizzato dai cittadini per accedere a servizi pubblici direttamente dallo smartphone o dal pc (ad es. la Regione Lombardia consente la ricezione di ricette mediche, senza recarsi fisicamente dal medico curante per il ritiro).

Ogni modo, lo SPID ambisce ad essere molto di più: recentemente, in data 4 aprile 2020, è stata pubblicata, sulla Gazzetta Ufficiale, la determinazione n. 157/2020 del 23 marzo 2020, con cui l’Agenzia per l’Italia Digitale ha emanato le Linee Guida (LG) per la sottoscrizione elettronica di documenti[6] .

Le Linee Guide forniscono le indicazioni tecniche ed indicano la procedura per firmare documenti e contratti con Spid, in conformità al sopramenzionato art. 20 del Codice dell’Amministrazione Digitale. Pertanto, sarà possibile, nell’immediato futuro, firmare atti e contratti attraverso SPID con lo stesso valore giuridico della firma autografa, soddisfacendo, così, i requisiti e producendo gli effetti di cui all’art. 2702 del Codice Civile.

In sintesi, lo SPID ha l’ambizione di divenire a tutti gli effetti una firma digitale, parificata alla firma autografa ed uno strumento necessario per snellire la burocrazia.

Non è un caso che il Governo abbia ritenuto necessario essere titolare di un’Identità Digitale, tramite SPID, per accedere alla «tax credit vacanze», cioè all’incentivo, previsto dal Dl Rilancio, per trascorrere le vacanze in Italia nell’estate 2020[7].

Da quanto sopra emerge come alcuni strumenti digitali stiano acquisendo un’evidente utilità, soprattutto in tempi di pandemia o post pandemici, tempi in cui i cittadini, ma anche le attività professionali o d’impresa, saranno sempre più indirizzati ad un maggiore utilizzo di servizi informatici.

Pertanto, i sistemi di accesso online ai servizi pubblici e quelli di autenticazione elettronica dell’identità di una persona, fisica o giuridica, diverranno sempre più parte del nostro vivere quotidiano.

Una citazione, erroneamente attribuita a Charles Darwin, così recita: “non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti”.

Ciò detto e richiamato il pensiero iniziale di Baumann, parrebbe opportuna una maggiore apertura all’utilizzo di nuovi strumenti digitali, anche perché questi, essendo destinati ad un utilizzo di massa, sembrerebbero avere un guadagno che giustifichi la (minima) perdita.

Avv. Sergio Terzaghi

[1] https://oggiscienza.it/2014/07/11/bauman-stiamo-nel-mondo-online-per-sentirci-meno-soli/

[2] Riccardo Barlaam “Da start up a re di Wall Street, la parabola di mister Zoom”, Il Sole 24 Ore, 26 maggio 2020.

[3] La semplice firma elettronica, a differenza della firma digitale, difetta dei requisiti di cui all’art. 20 C.A.D., e, inoltre, non è generata mediante algoritmo di creazione, non ha un certificato emesso da una Certification Authority qualificata e, se apposta su un documento, questo non fa piena prova fino a querela di falso.

[4] L’art. 2702 c.c. così dispone: “la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta”.

[5] https://www.spid.gov.it/

[6] http://images.go.wolterskluwer.com/Web/WoltersKluwer/%7B6415ef84-45c2-4fa6-ad11-22a71acf2358%7D_agid-determinazione-157-2020.pdf

[7] https://www.ilsole24ore.com/art/spid-isee-e-app-corsa-salita-lo-sconto-ferie-500-euro-ADBc1tT