Parliamo d’una categoria totalmente dimenticata dal Decreto”Cura Italia”: gli avvocati . Perché in tempi di Coronavirus, in un’aula, tenendosi a distanza di sicurezza, durante un’udienza telematica, in coda davanti alle cancellerie o agli ufficiali giudiziari, c’è un avvocato, a dare corso, nonostante i rischi, al mandato che gli è stato conferito.
Non è un caso che il Legislatore abbia conferito alla professione forense il rango di servizio pubblico essenziale, tanto che l’avvocato non può scioperare, ma deve astenersi dall’attività d’udienza: così è stato ai primi di marzo, quando il Ministro Bonafede si dimostrava sordo alle richieste dell’Avvocatura di tutelare, nei Palazzi di Giustizia, la salute della categoria. Ebbene, tali doglianze si sarebbero dimostrate più che fondate: in molti Tribunali, e persino nel nostro foro varesino, ci sono stati casi di magistrati, giudici di pace, operatori di giustizia, avvocati o altri professionisti affetti dal Covid-19.
Anche grazie all’astensione, almeno fino a prossimo 15 aprile, i Tribunali opereranno in regime di sospensione feriale, cioè sarà sospesa quasi tutta l’attività processuale: l’avvocato sarà comunque a disposizione del suo cliente, pronto a dare una consulenza, a stemperare gli animi, a dirimere una controversia, a difenderlo davanti a un Giudice o a depositare un ricorso d’urgenza, esercitando appieno quella funzione sociale che conferisce titolo alla professione forense d’essere inserita nella Costituzione.
A differenza dei magistrati e degli altri operatori giudiziari, si profilano per l’avvocato mesi in cui le sue entrate saranno prossime allo zero, mentre dovrà comunque far fronte alle spese e agli oneri legati alla professione.
A ciò va aggiunto il fatto, poi, che i redditi medi degli avvocati, a livello nazionale, sono in caduta libera da una decina d’anni e non superano di molto quelli d’un impiegato, sebbene portino con sé, i costi e i rischi della piccola imprenditoria.
Eh già, perché nonostante la sua funzione sociale-costituzionale, le responsabilità e i pericoli a cui è esposta, l’Avvocatura, al pari delle altre libere professioni ordinistiche, viene completamente ignorata dal decreto “Cura Italia”.
E’ tempo che lo Stato si faccia carico della crisi dell’Avvocatura, non la consideri più un mero limone da spremere, ma impegni, in un nuovo decreto, risorse idonee alla salvaguardia d’una categoria che ha reso un enorme servizio al Paese, purtroppo anche in termini di vite umane.
Viceversa, meglio tornare all’epoca del diritto romano, in cui vigeva il principio “ianua advocati pulsanda pede”, cioè “alla porta dell’avvocato si bussa con il piede”.
A quei tempi la professione forense non era retribuita ma era molto prestigiosa, tanto che ci si recava dall’avvocato con ingenti doni nelle mani. Oggi ci rimetterebbe l’Erario, ma gli avvocati recupererebbero il prestigio perduto e, forse, sopravviverebbero come categoria.
Avv. Sergio Terzaghi
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